Cosa sono i biomarcatori?

Cosa sono i biomarcatori?

Immaginiamo che il nostro corpo sia come un’automobile. Quando qualcosa non va, si accende una spia sul cruscotto. I biomarcatori sono come le spie del nostro corpo: ci avvertono se c’è qualcosa che non funziona, anche prima che ce ne accorgiamo.

 

Un biomarcatore può essere una piccola sostanza che il nostro corpo produce (come una proteina) che si può trovare nel sangue, nella saliva o nelle urine. Se i suoi livelli sono troppo alti o troppo bassi, può voler dire che c’è un un rischio per la salute.

 

Ad esempio, quando facciamo le analisi del sangue e ci dicono "il colesterolo è alto", quello è un biomarcatore che ci comunica un rischio per il cuore.

 

A cosa servono i biomarcatori?

I biomarcatori aiutano i medici a capire se siamo siamo esposti a un rischio di malattia, a scoprire una malattia molto presto (anche prima che insorgano i sintomi) e controllare se una cura stia funzionando.
 

In parole semplici, i biomarcatori sono segnali del corpo che aiutano i medici a vedere cosa succede dentro di noi, anche prima che si sviluppi una malattia: sono dunque fondamentali per la prevenzione.

 

Che cosa sono i “biomarcatori circolanti”?

I biomarcatori segnalano se c’è qualcosa che non va. Ma alcuni di essi non restano fermi in un punto: si muovono, circolano nel sangue, un po’ come messaggeri in viaggio. Si chiamano quindi “biomarcatori circolanti” perché li possiamo trovare facendo un semplice prelievo di sangue.

Questi “messaggeri nel sangue” (cioè i biomarcatori cardiovascolari circolanti) sono sostanze che il nostro corpo rilascia e che i medici già usano per capire se c’è stato, per esempio, un infarto o se il cuore è sotto stress.

In particolare, parliamo dei biomarcatori circolanti prodotti dal cuore ovvero:

  • le due troponine (I e T): coinvolte nella regolazione della contrazione del muscolo cardiaco;
  • i peptidi natriuretici (in sigla BNP e NT-proBNP): espressi dalle cellule muscolari del cuore (miocardiociti).

Questi biomarcatori, rilevati con i test ad alta sensibilità (disponibili anche nel nostro Paese), potrebbero essere utili per migliorare la predizione del rischio cardiovascolare, sia a breve termine che a 10 anni, anche nelle persone apparentemente o presumibilmente sane.

 

I biomarcatori e lo studio CVrisk-IT

Lo studio CVRisk-IT è una ricerca di prevenzione primaria che coinvolge 30.000 persone sane (dai 40 agli 80 anni) che non abbiano né malattie cardiovascolari né diabete.

 

Durante la prima visita, verrà effettuato un prelievo di sangue per studiare i valori di HDL e colesterolemia totale (che sono, appunto, biomarcatori) di ogni partecipante. I dati ematochimici vengono analizzati secondo algoritmi validati internazionalmente (SCORE2 e SCORE2-OP) che classificano il rischio cardiovascolare in “basso”, “medio”, “alto” o “molto alto”.

 

Se la persona è a rischio “basso”, “medio” o “alto”, si procede a misurare i modificatori di rischio previsti, li si comunica alla persona attraverso un referto e si studia nel tempo quanto possano influenzare il rischio cardiovascolare.

 

Se la persona è a rischio “molto alto”, lo si comunica alla persona attraverso un referto ma è opportuno avviare un percorso di cura specifico con un cardiologo uscendo dallo studio di prevenzione primaria CVrisk-IT.

 

In una seconda fase dello studio, si prevede l’analisi di altri biomarcatori circolanti, del metabolismo e proteici. 

 

Riferimenti

Farmakis D et al. High-sensitivity cardiac troponin assays for cardiovascular risk stratification in the general population. Eur Heart J 2020 Nov 1;41(41):4050-4056 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32077940/